Lo sbilico, Alcide Pierantozzi. Il baratro della malattia mentale.
- Michela Bilotta
- Sep 30
- 2 min read
Con una lingua nuova, cruda e lirica, Pierantozzi ci consegna un romanzo straordinario.
La malattia mentale è stata da sempre oggetto di fascinazione narrativa e protagonista di molte storie. Tuttavia, non mi era mai capitato di imbattermi in una lettura che affondasse così profondamente dentro il buco nero del disagio, nella visione sfocata delle fotografie venute male, nelle trame sbagliate della realtà quando si smaglia.

Lo sbilico è un romanzo autobiografico che indaga la malattia, il malessere, l’allucinazione e il tormento del protagonista, e lo fa alternando un rigore quasi scientifico nella descrizione dettagliata dei sintomi e dei farmaci, a un afflato di lirica potenza quando Pierantozzi urla il peso del suo dolore senza tracce di compiacimento o di espedienti consolatori.
Ambientato tra Milano e l’Abruzzo, dove lo scrittore è nato, Lo sbilico narra l’ordinarietà del quotidiano, con i suoi rapporti familiari, le giornate al mare, la palestra attraverso la lente deformante della malattia mentale, scaraventando il lettore sull’orlo di un precipizio di senso, dove un solo passo falso può decretare lo smarrimento irreversibile, il baratro senza ritorno.
Il merito, grandissimo, dello scrittore risiede nell’aver saputo imbrigliare nel pentagramma delle parole quello che non si può dire, costruendo una sorta di sontuoso sistema di sostegno linguistico alla mente che vacilla. E di aver dato un corpo al disagio della mente che qui si fa materia, cellule, sangue, umori.
E’ un libro che arresta il movimento, che non si dimentica, al quale pensi per giorni dopo averlo finito, una lettura che costringe a superare i propri argini interiori per guardare dentro la malattia e la solitudine, la superficialità di una società inadatta a capire e il potere salvifico della scrittura.
Riflettendoci, alla fine delle pagine, in uno specchio che ci restituisce un’immagine diversa di noi stessi.
Un libro magnifico e terribile nel quale la lingua si fa frastuono assordante, eco e germoglio.
IL VINO
Si abbina a questa lettura un Raboso veneto: un vino profondo, con spiccata acidità e tannini marcati, in grado di restituire in gusto la tensione narrativa del testo.
LA MIA RECENSIONE:
The BookAdvisor
Einaudi editore
Alcide Pierantozzi
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