La scrittura di Francesca Giannone ha il tocco lieve e deciso delle storie che chiedono di essere raccontate, senza fronzoli, ne' orpelli mistificatori. Non è un personaggio simpatico Anna, forse non è l'amica con la quale faremmo volentieri due chiacchiere divertenti davanti a un caffè, ma di sicuro è la persona alla quale ci rivolgeremmo nei momenti importanti della vita, di fronte a scelte difficili e dolorose.
Anna è un personaggio forte, che resta impresso nella memoria, che ci conquista piano piano, prima respingendoci con quella alterità che a tratti sembra alterigia, poi ammaliandoci con il suo coraggio, lo stesso che, in una sorta di silenziosa sfida alle soffocanti convenzioni sociali della Puglia degli anni Trenta, farà di lei la prima portalettere donna. Prima invisa come "forestiera", poi amata e ammirata come figura di riferimento di una comunità che lentamente, grazie al suo esempio, si apre al coraggio e al cambiamento. E Anna, "la forestiera", offre alle donne della sua terra d'adozione la possibilità di un inatteso riscatto e un'agognata seconda vita.
Si è molto discusso del successo di questo romanzo, ai vertici delle vendite editoriali. Personalmente trovo la prosa eccessivamente semplice e didascalica, a tratti banale. Anche nella trama e nell'intreccio si ravvisano delle lacune, soprattutto nell'omissione delle vicende legate alla seconda guerra mondiale e nel finale, forse troppo frettoloso e poco coerente con il resto della narrazione. Diversi i passaggi poco credibili da un punto di vista storico. Tuttavia, non resta che prendere atto del fatto che, se il libro ha vinto il premio Bancarella, ha l'induscusso merito di aver narrato una storia che piace, andando incontro ai gusti di molti lettori per i quali, probabilmente, al romanzo non si chiede letteratura, ma semplice intrattenimento.

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