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La domenica vestivi di rosso: quando le emozioni sono un pugno allo stomaco

Writer: Michela BilottaMichela Bilotta

Ho tra le mani il nuovo libro di Silvana Grasso e pregusto già il momento. Il momento in cui mi siederò comoda, spegnerò la luce sul mondo e mi lascerò travolgere dalla malia della sua scrittura.

Bastano pochi minuti e l’incanto atteso è già svanito.

Pochi minuti e devo già cambiare posizione sulla poltrona. Le spalle si irrigidiscono, la mascella si contrae. A quanto pare nessuna posizione comoda e nessun sentimento di beatitudine sono previsti per la lettura di questo libro.

D’accordo, accetto la sfida, vado avanti, passo dopo passo, uno schiaffo dopo l’altro.

Perché sono proprio schiaffi quelli che la protagonista, Nerina, ti infligge con la sua diversità dell’anima, prima che del corpo. Quasi che quelle sei dita ai piedi fossero un vessillo di difformità, un lasciapassare per la sua turbolenta inquietudine. Additata come diversa, lei diversa lo è davvero, ma non per quelle minuscole appendici di carne in più con le quali è venuta al mondo. Il muro di anaffettività che erige a separarla dal mondo è molto più robusto di quelle sei dita, è un nido per proteggerla dal baratro dei sentimenti, perché non la travolgano come anni prima hanno annullato l’esistenza della madre, troppo debole, o troppo forte, per una vita che non le apparteneva e che decide di lasciare sospesa nel vuoto, a piedi nudi, perché è a piedi nudi che si va incontro all’altrove.

Nerina cresce bella, fiera, altera, smaniosa di liberarsi di una purezza che pensa non le appartenga e che forse la identifica più di quanto creda. La prigionia di quei piedi nascosti agli sguardi rapaci della gente libera, per contrasto, la sua voglia di emergere, la sua eccentrica bellezza, il suo talento per la scrittura e la recitazione. Perché sono le arti che le consentono di vivere la vita che vorrebbe, di riempire i vuoti che nemmeno l’amorevole Annina prima e la muta Natalina dopo riescono a colmare. Scrivere e recitare sono il suo antidoto alla vita reale, per costruirne una immaginaria dove i personaggi sono mossi dai fili della sua sapiente regia. Ed eccoli sfilare, come in una lugubre messinscena, il ricco rampollo Mauro, che insegue tutta la vita la morte, trovandola come liberazione amica; Emmanuel, che per meglio interpretare la finzione del ruolo che gli è stato assegnato metterà in pratica, con un intervento chirurgico non necessario, un’altra finzione; e infine il Professore, il personaggio più surreale, più affascinante, più respingente. Nella sua follia sembra, per paradosso, ricomporsi il mosaico di un’esistenza altra. Come tassello mancante, la sua figura pone fine a una finzione e ne comincia un’altra. Quel romanzo di una bambina cullata senza ninna nanna, quel romanzo che “molesta chi lo legge”, ma lo ridesta alla rinnovata consapevolezza che quella di Silvana Grasso è una penna benedetta.



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Chi sono

Mi chiamo Michela Bilotta, sono nata a Salerno, ma vivo da oltre dieci anni a Bruxelles, dove mi occupo di comunicazione e ufficio stampa. Ho pubblicato guide turistiche, racconti, manuali per concorsi a cattedra.  La Metrica dell'oltraggio è il mio primo romanzo.

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