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Nati due volte, Giuseppe Pontiggia. Viaggio senza cinture nel mondo della disabilità.

  • Writer: Michela Bilotta
    Michela Bilotta
  • Apr 28
  • 2 min read

Leggere Pontiggia è sempre un’esperienza di grande letteratura. Con “Nati due volte”, questo superbo scrittore ci conduce per mano, più che nel mondo della disabilità, nel disagio che i cosiddetti “normali” provano quando si relazionano ad essa.

Già dalle prime pagine appare evidente la rinuncia di Pontiggia a qualsivoglia senso di pietismo nel descrivere la condizione del figlio. Le parole sono dure, quasi crudeli, perché chi legge sia condotto immediatamente alla realtà delle cose. E le cose, per chi è disabile, non sono mai semplici. Non lo sono per lo sguardo di compassione della gente, o per il senso di imbarazzo di chi si incontra lungo il proprio cammino, un cammino che Paolo, il protagonista del romanzo, percorre barcollando.


Ed è seguendo la sua andatura ondeggiante che Pontiggia ce lo presenta, attraverso lo sguardo disincantato del padre, il professor Frigerio, che osserva: “lui procede ondeggiando come un marinaio ubriaco. No, come uno spastico”. Parole che colpiscono come un pugno allo stomaco, ma il disorientamento si muta immediatamente in commozione quando il figlio, poco dopo, dice: “Se ti vergogni, puoi camminarmi a distanza. Non preoccuparti per me”.



LE IMPLICAZIONI E LE LEZIONI DI UNA DISABILITA’ NON PREVISTA

Frigerio torna con la memoria al giorno della nascita di Paolo, complicata da un incidente di percorso che un ginecologo troppo sicuro di sé non aveva previsto. E rivede, come in un film, la superficialità di alcune scelte, lo sgomento muto della famiglia, il dolore della moglie, reso ancora più profondo dalla consapevolezza del tradimento di lui durante la gravidanza, la reazione cinica dell’amante, quella, senza filtri, del suocero che non riesce ad accettare l’idea di un nipote disabile.

C’è tanto, ma mai troppo, in questo meraviglioso romanzo di Pontiggia, una delle voci più lucide e rappresentative della nostra letteratura. E soprattutto c’è la sua penna: elegante, tagliente, capace di calibrare con perfetto equilibrio una prosa limpida e coinvolgente dove ogni parola ha un suo necessario peso specifico. E attraverso questa prosa che, secondo le sue stesse parole, deve saper andare incontro all’inatteso che sorprende, lo scrittore riesce a condurci nella mente del professor Frigerio il quale, da guida e maestro, si fa allievo del figlio per apprendere la lezione più importante di tutte: imparare l’arte di vivere non per essere “normali”, ma per essere solo se stessi.


IL VINO

Il vino da abbinare è il Primitivo di Manduria DOC, un rosso caldo e avvolgente che ha una particolarità: nasce da un vitigno che, circa un mese dopo la vendemmia del frutto principale, produce piccoli grappoli da cui è possibile ottenere una seconda vendemmia per un vino che, è il caso di dirlo, nasce due volte.

 
 
 

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Chi sono

Mi chiamo Michela Bilotta, sono nata a Salerno, ma vivo da oltre dieci anni a Bruxelles, dove mi occupo di comunicazione e ufficio stampa. Ho pubblicato guide turistiche, racconti, manuali per concorsi a cattedra.  La Metrica dell'oltraggio è il mio primo romanzo.

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