Nella trama di questo romanzo di formazione si intrecciano fili diversi: dalla violenza dell’Italia fascista al sessismo, dal pregiudizio sociale all’amicizia. Ed è proprio quest’ultima la protagonista indiscussa della narrazione, un’amicizia che lega due ragazzine che non potrebbero essere più diverse. Su una delle due, che la gente chiama con spregio Malnata, incombe lo stigma della ragazza dannata, persa, da non frequentare. La Malnata, infatti, scaglia maledizioni contro la gente, ruba ai contadini e gioca tutti i giorni per strada con un gruppo di ragazzi, di cui è guida sicura e selvaggia. Incurante del pregiudizio dei concittadini, Francesca, dodicenne di famiglia borghese, sogna di diventare come lei, indomita, libera e indifferente ai commenti altrui.
Sullo sfondo delle rive del Lambro, tra i vacui rituali del regime e l’eco della guerra in Abissinia, le due ragazze sfideranno l’edificio in cemento armato delle bieche convenzioni che opprimono la loro comunità, denunciando la sopraffazione maschile che si perpetua da sempre nel silenzio complice del paese.
La voce narrante è quella di Francesca, che racconta in prima persona la storia della loro amicizia narrando gli eventi che le hanno portate alla scena con cui si apre il romanzo: due ragazzine, terrorizzate e seminude, cercano di nascondere il cadavere di un uomo che ha appuntati sulla camicia il simbolo del fascio e il tricolore.
La scrittura è vivida e tagliente, dura e spietata in alcuni passaggi, come lo è, d’altronde, la vita della Malnata, nei cui meandri oserà entrare Francesca. E lo farà squarciando il velo del pregiudizio e addentrandosi dietro le quinte di una verità che il paese preferisce ignorare, nascosto dietro una cortina di finto perbenismo.
I personaggi appaiono intensi, tridimensionali, accurati, la narrazione intreccia sapientemente vicende individuali e collettive per un romanzo rivelazione nel quale alcuni hanno voluto intravedere riferimenti di altre narrazioni. Tuttavia, non è forse uno dei pregi maggiori della scrittura la capacità di metabolizzare le storie e farle proprie, elevando la propria voce su quella degli altri?
La penna della scrittrice appare già in potenza forte, decisa, evocativa. In alcuni passaggi si coglie, forse, un’invidiata età acerba, ma i requisiti per rendere quella di Beatrice Salvioni una delle voci più interessanti del nostro panorama narrativo ci sono già tutti.
IL VINO
Una lettura intensa da accompagnare a un buon bicchiere di Bonarda dell’Oltrepò Pavese, vino dai colori forti e brillanti, note fruttate e spiccata personalità.
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